Guida agli Yoga Sutra di Patanjali

Gli Yoga Sutra di Patanjali sono una raccolta di 196 aforismi che risalgono a oltre duemila anni fa. Questi aforismi, o sutra, sono divisi in quattro capitoli e forniscono una guida spirituale per praticare e comprendere il vero significato dello Yoga.

In questo articolo andremo a scoprire nel dettaglio cosa sono e come mai questo testo così antico è ancora tanto importante per chi pratica Yoga.

Patanjali, un antico filosofo indiano vissuto tra il II e il IV secolo d.C, ha codificato e messo per iscritto i principi fondamentali della filosofia Yoga fino ad allora tramandati oralmente da maestro a discepolo.

Il percorso spirituale offerto al praticante prende il nome di Ashtanga Yoga (che non è l’Ashtanga Vinyasa Yoga di Pattabhi Jois) in quanto composto da 8 punti fondamentali dal sanscrito ashta=otto, anga=arto o membra. Queste 8 colonne portanti delineano il sentiero che il praticante deve fare per raggiungere uno stato di illuminazione e liberazione.

Ci si potrebbe aspettare che gli Yoga Sutra descrivano una sequenza di posizioni per liberare il corpo e la mente, ma nel testo un solo aforisma menziona le asana (posture fisiche) sostenendo che “La posizione deve essere stabile comoda”. Non proprio quello che ci si aspetta da un libro di yoga! Allora, come può questo testo omettere le asana se sta presentando l’essenza dello yoga? Per rispondere a questa domanda, è meglio iniziare dal secondo sutra del primo libro, dove Patanjali definisce lo Yoga.

“Yoga citta vritti nirodhah” il cui significato può essere interpretato come ‘lo yoga è la cessazione della fluttuazioni della mente’ o ancora meglio come ‘lo yoga inizia con la cessazione della fluttuazioni della mente’ a significare che lo yoga è uno stato interiore che si raggiunge quando la nostra mente non ha più agitazioni, Vritti.

Se riusciamo a calmare la natura turbolenta e rumorosa della mente pensante riusciremo a vedere più chiaramente la realtà, noi stessi e tutto ciò che ci circonda raggiungendo uno stato di Unificazione con il Tutto.

Per riuscire in questo intento lo Yogi deve agire e mettere in pratica nella sua vita ognuno degli 8 punti che adesso andremo a vedere nel dettaglio.

1. Yama

Gli Yama sono un insieme di cinque principi etici e morali che il praticante deve osservare nei confronti degli altri e della società

Ahimsa: la non violenza. Se si pratica l’ahimsa, si evita di danneggiare se stessi o gli altri fisicamente, verbalmente o emotivamente.

Satya: la verità benevola. Consiste nel dire la verità nelle parole, nei pensieri e nelle azioni ma attraverso un uso gentile e benevolo delle parola

Asteya: è l’etica del non rubare. Si spiega da sé: non prendere ciò che non è tuo.

Brahmacharya: vedere Brahman in ogni cosa. Generalmente inteso come “astinenza”, soprattutto sessuale in realtà il suo significato più profondo è quello di non disperdere o sprecare le energie ma di indirizzarle nel trovare in sé l’equilibrio e la scintilla del divino.

Aparigraha: limitare il superfluo. Questo yama incoraggia ad acquistare semplicemente ciò che serve e scoraggia l’attaccamento alle cose materiali

2. niYama

I Niyama sono un insieme di cinque doveri o osservanze sulla condotta e sulla disciplina personale che il praticante mette in atto nella sua vita per favorire il progresso spirituale.

Saucha in sanscrito significa “pulizia”. Si riferisce alla purezza della dieta, dei pensieri e dell’ambiente, oltre che a una corretta igiene.

Santosha indica la serenità; l’etica della felicità ossia essere grati ed accontentarsi di ciò che si ha.

Tapas è la filosofia dell’autodisciplina. Tapas, inteso anche come passione, aiuta a costruire l’autodisciplina necessaria per rimanere sul sentiero dello yoga.

Svadhyaya è l’etica dell’autoapprendimento. Studio dei testi sacri e continua ricerca spirituale

Ishvara pranidhana abbandono totale al divino. Questa pratica porta allo sviluppo di una relazione profonda e di fiducia con l’Universo e con tutto ciò che ci circonda.

3. Asana

La pratica fisica dello posture dello yoga, note come asana, è concepita negli Yoga Sutra non solo per per purificare il corpo umano e migliorare la salute a lungo termine, ma per raggiungere una postura del corpo stabile e piacevole che possa essere mantenuta a lungo durante la meditazione.

4. Pranayama

Il Pranayama viene generalmente definito come controllo del respiro. Sebbene questa interpretazione (che valida l’origine del termine Pranayama da Prana inteso come respiro + Yama in sanscrito “controllo”) possa sembrare corretta non trasmette il pieno significato del termine. La parola Pranayama è invece composta da due radici: “prana” e “ayama”. Prana significa “energia vitale” o “forza vitale” mentre “ayama” può essere tradotto come “estensione” o “espansione”. Quindi possiamo definire il Pranayama come “estensione o espansione della forza vitale”

5. pratyahara

La pratica della ritrazione dei sensi. I sensi devono essere conquistati una volta che il corpo e le sue energie sono sotto il nostro controllo. Questa è la fase che prepara la mente alla meditazione

6. DHaRANA

Dharana è la parola sanscrita che significa concentrazione ed è necessaria per il passo successivo che è la vera e propria meditazione. La meditazione è impossibile da raggiungere senza la concentrazione. Per concentrarsi correttamente, è necessario innanzitutto sviluppare il controllo sul corpo, sul prana, sui sensi e sulla mente.

7. Dhyana

La vera e propria meditazione. La meditazione nasce naturalmente come risultato di un flusso ininterrotto di concentrazione che porta ad uno stato di contemplazione profonda. Di conseguenza, prima di raggiungere questo stato è necessario padroneggiare Dharana.

8. SAMADHI

Il più difficile degli otto passi da comprendere e raggiungere. Il Samadhi è uno stato di estasi in cui il praticante perde la consapevolezza di sé divenendo un tutt’uno con l’oggetto della meditazione. Autorealizzazione o illuminazione sono due termini usati per descrivere il Samadhi. A questo punto il senso di “io” svanisce. non esiste ego o vanità e lo yogi si rende conto di essere un tutt’uno con il Tutto piuttosto che separato da esso.

Conclusioni

Come avrai notato gli Yoga Sutra non sono solo un antico testo filosofico ma una vera e propria mappa per il percorso di crescita interiore e spirituale che ognuno di noi può intraprendere.

Sebbene il sentiero esposto da Patanjali possa sembrare complesso ed articolato iniziare ogni giorno a coltivare anche solo alcuni di questi punti può avere un grosso impatto nella nostra vita. Le asana possono sembrare il modo più immediato per iniziare a mettere in pratica questi insegnamenti ma mettere in ordine l’ambiente in cui viviamo, essere gentili con gli altri o prendersi cinque minuti al giorno per fare meditazione sono tutti modi per intraprendere il percorso dell’Ashtanga Yoga.

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